CORONA VIRUS FASE 2

Coronavirus, spostamenti e vacanze estive: i 5 criteri da rispettare per continuare con la «fase 2»
Le linee guida in vigore dal 4 maggio per cittadini, aziende e turismo. I governatori potranno decidere di vietare l’ingresso ai non residenti. Gli algoritmi che aiuteranno a valutare l’andamento dell’epidemia.
Come saranno le vacanze? Praticamente esclusa la possibilità di andare all’estero, l’estate si trascorrerà in Italia. Ma sarà possibile andare al mare o in montagna? Quando si potranno raggiungere le seconde case? E soprattutto, ci si potrà spostare da una Regione all’altra? A queste domande dovrà rispondere nelle prossime settimane la «cabina di regia» dopo aver sentito il parere degli scienziati. E partirà dalle regole già contenute nel decreto sulla “fase 2”dell’emergenza da coronavirus in vigore dal 4 maggio. Nel provvedimento vengono fissati criteri e parametri che dovranno essere rispettati dalle Regioni per tenere in attività le aziende e programmare le ulteriori aperture di negozi e locali. Linee guida che dunque varranno anche per il turismo. E dovranno tenere conto della capacità ricettiva delle località, paragonando il numero di abitanti durante l’inverno e quello previsto con l’arrivo di turisti e vacanzieri.

I due criteri
Gli indicatori che bisognerà rispettare sono sostanzialmente due:la curva epidemica misurata attraverso l’indice di contagio R0 e la capacità di accoglienza delle strutture sanitarie, in particolare le terapie intensive. Soltanto se ci saranno condizioni ottimali si potrà autorizzare l’ingresso nella Regione di non residenti. Ma su questo l’ultima parola spetterà naturalmente ai governatori che potranno decidere – anche di fronte ad aperture decise dal consiglio dei ministri – di chiudere i propri confini e impedire l’ingresso ai non residenti. Esattamente come è accaduto quando si è deciso il lockdown e alcuni presidenti di Regioni delle sud hanno firmato ordinanza per impedire il rientro dal nord.
La situazione epidemiologica
Nel Dpcm viene indicato il percorso per garantire lo svolgimento delle attività produttive in condizioni di sicurezza. E dunque si affida alle Regioni il compito di «monitorare con cadenza giornaliera l’andamento della situazione epidemiologica nei propri territori e, in relazione a tale andamento, le condizioni di adeguatezza del sistema sanitario regionale. I dati del monitoraggio sono comunicati giornalmente dalle Regioni al ministero della Salute, all’Istituto superiore di sanità e al comitato tecnico scientifico. Nei casi in cui dal monitoraggio emerga un aggravamento del rischio sanitario, il presidente della Regione propone tempestivamente al ministero della salute le misure restrittive necessarie e urgenti per le attività produttive». Dunque la chiusura. Se invece l’indice di R0 continua ad essere buono continua il percorso «lento e graduale» che porta verso la libertà totale.

Il monitoraggio del rischio
Sono cinque gli indicatori che consentono di stabilire se la Regione è in linea con i parametri: «Stabilità di trasmissione del virus; servizi sanitari non sovraccarichi; attività di readiness (dunque essere preparati a intervenire se c’è rischio); abilità di testare tempestivamente tutti i casi sospetti; possibilità di garantire adeguate risorse per contact-tracing (monitoraggio dei “positivi”); isolamento e quarantena». Chi non possiede questi requisiti torna alla “fase 1” e dunque è escluso che possa tenere aperte le strutture turistiche e tantomeno accettare l’arrivo di persone non residenti.

I casi sintomatici
Nelle tabelle viene specificato che la «capacità di monitoraggio» deve essere misurata stabilendo il numero dei casi sintomatici con tutte le informazioni relative a «inizio dei sintomi, storia del ricovero in ospedale, ricovero in terapia intensiva, numero di casi divisi per Comune di residenza, numero di checklist» e paragonando il dato con quello comunicato al sistema di sorveglianza. L’«abilità di testare» i casi sospetti si misura invece con la percentuale di tamponi effettuati.

I posti negli ospedali
Indicatore fondamentale per stabilire la capacità di accoglienza dei Comuni è legato inevitabilmente al fatto che non vengano sovraccaricati i servizi sanitari e assistenziali. E anche in questo caso sono state fissate le soglie di rischio. Il primo è il «tasso di occupazione dei posti letto totali di Terapia Intensiva per pazienti Covid-19». La soglia massima è il 30%, se si supera scatta l’allerta. Il secondo indicatore è il «tasso di occupazione dei posti letto totali di Area Medica per pazienti Covid-19». In questo caso la soglia per non far scattare l’allerta è il 40%.
Gli algoritmi
Il ministero della Salute sta mettendo a punto il sistema di monitoraggio e nella bozza portata ieri in consiglio dei ministri sono stati indicati gli algoritmi per valutare l’andamento dell’epidemia.

Il primo riguarda le probabilità di una crescita dei casi “positivi” e contiene tre domande.
1. Sono stati segnalati nuovi casi negli ultimi 5 giorni nella Regione?
2. C’è evidenza di un aumento di trasmissione (presenza di almeno tra trend di casi in aumento, indice di contagio maggiore di 1, aumento dei focolai?
3. C’è evidenza di trasmissione diffusa nella Regione non gestibile in modo efficace con misure locali, vale a dire “zone rosse”?
Se le risposte sono tre «no» la probabilità è ritenuta «bassa o moderata». Se la risposta alla domanda numero 3 è “sì” la probabilità diventa «alta» e dunque si devono stabilire «zone rosse» o divieti.

Il secondo algoritmo misura invece l’impatto del virus e anche in questo caso si basa su tre quesiti.
1. Sono stati segnalati casi negli ultimi 5 giorni in soggetti di età maggiore di 50 anni?
2. Ci sono segnali di sovraccarico dei servizi sanitari?
3. C’è evidenza di nuovi focolai negli ultimi 7 giorni in Rsa, case di riposo o altri luoghi che ospitino popolazioni vulnerabili (anziani o soggetti con patologie)?
Se le risposte sono tre «no» l’impatto viene ritenuto tra «basso e moderato». se invece alla terza domanda la risposta è “si” l’impatto è alto e bisogna prendere misure.
La valutazione
Il primo bilancio sarà fatto l’11 maggio, una settimana dopo le riaperture. Bisognerà infatti misurare l’andamento del contagio tenendo conto che gli scienziati si aspettano un aumento considerevole del numero di persone positive al coronavirus nell’arco di 15, 20 giorni. È stato stabilito che se ci sarà «evidenza di nuovi focolai negli ultimi 7 giorni in particolare se in RSA/case di riposo/ospedali o altri luoghi che ospitino popolazioni vulnerabili» debba scattare lo stato di allerta. Se invece «la presenza di nuovi focolai nella Regione richiede una valutazione del rischio ad hoc che definisca qualora nella Regione vi sia una trasmissione sostenuta e diffusa» si potrebbe anche decidere di «tornare alla fase 1», il lockdown. Dunque si procede «gradualmente». La valutazione sugli spostamenti tra Regioni comincerà dopo il 18 maggio. Si cercherà una linea comune, ma ogni governatore potrà decidere autonomamente di chiudere i propri confini.

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